Le nuove stelle della cucina plant-based
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Le nuove stelle della cucina plant-based

Dal grano saraceno alla tuberina: il buono della cucina vegetale

La cucina vegetale si prepara al futuro. E lo fa a colpi di tuberi e di grani all’apparenza esotici, alcuni dei quali hanno attecchito anche dalle nostre parti. Utilizzarli è semplice. Ecco un paio di idee dai cuochi svizzeri.

Nell’offerta di prodotti della terra è in atto una piccola rivoluzione nata dalla crescente popolarità della cucina vegetale e da cuochi sempre più abili nel reinventarsi piatti a base di verdure. Le cucine dei grandi ristoranti e quelle amatoriali si aprono sempre più a nuove verdure, cereali e pseudocereali.

E se da un lato è bello trovare tante nuove verdure sugli scaffali del supermercato, dall’altro tutta quest’abbondanza rischia di confondere. Molti consumatori infatti non hanno la benché minima idea di come cucinare questi prodotti oggi così di moda. Una buona soluzione è seguire i consigli dei cuochi svizzeri che, ricevendo per primi queste nuove verdure dai loro contadini di fiducia, sanno già come utilizzarle in cucina.

L’aroma intenso del grano saraceno

Trovo il grasso nella carne molto buono perché esalta gli aromi e mi piace cucinare verdure che riescano a fare altrettanto.

Jann Hoffmann

«Qui da noi crescono davvero un sacco di piante che arricchiscono l’offerta», spiega lo chef del «Café Boy» di Zurigo Jann Hoffmann, noto anche per le sue incursione in radio e in TV. Hoffmann è uno di quelli che se la cava bene sia con la carne che con le verdure. «Trovo il grasso nella carne molto buono perché esalta gli aromi e mi piace cucinare verdure che riescano a fare altrettanto», dichiara lo chef. «Il grano saraceno per esempio ha un sapore molto deciso; negli ultimi tempi l’abbiamo utilizzato parecchio in diverse ricette».

Hoffmann ha notato che negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio boom di persone che hanno iniziato a coltivare ortaggi particolari. «20 anni fa la gente si stupiva di trovare meloni nostrani», racconta. «Oggi è quasi del tutto normale che i contadini sperimentino nuove colture». Anche patate dolci o quinoa coltivate in Svizzera sono facili da trovare oggi.

Esotiche e fieramente autoctone

Le specie esotiche non sono le uniche a crescere bene sui nostri campi. «C’è anche un patrimonio di verdure autoctone un tempo diffuse e poi sparite dalle nostre tavole, oggi riproposte come specie ‘esotiche’», spiega Philipp Holzherr di ProSpecieRara, l'organizzazione per la tutela della varietà biologica.  In gergo le chiamano colture neglette (neglected crops). In questa categoria rientrano anche il grano saraceno tanto osannato da Jann Hoffmann e il tubero del cerfoglio bulboso, due prodotti apprezzati per la loro raffinatezza dalle cerchie dei buongustai. Anche Holzherr ne è entusiasta: «Il tubero del cerfoglio bulboso è incredibilmente delicato, sa di nocciole e di marroni». La sua coltivazione è piuttosto laboriosa; per questo ProSpecieRara sta lavorando per semplificarla.

Naturalmente ProSpecieRara segue con interesse anche i nuovi trend in fatto di verdure e cereali. È importante che le piante coltivate qui siano compatibili con il clima e con il terreno. «Noi di ProSpecieRara interveniamo solo quando le specie esotiche sono diventate autoctone, quando ci sono in gioco tradizioni culinarie e quindi varietà da preservare», prosegue Holzherr. Molti dei nostri ortaggi più classici come il pomodoro o la patata un tempo erano specie esotiche.

Trend futuri

Simon Sommer, chef di cucina del «Wein & Sein» di Berna, è uno di quelli che più gongola di fronte alla crescente disponibilità di specialità di ortaggi vecchi e nuovi : «È bello poter scegliere tra un pomodoro dolce, uno più acidulo o uno piccante». La sua speranza è che questa tendenza alla biodiversità resista e trovi sempre più eco. Che ne pensano invece gli esperti? Che altre potenzialità hanno le specie vegetali coltivabili in Svizzera? Il settore più in fermento è quello degli oli commestibili, spiega Philipp Holzherr: «Lino e camelina sono piante oleifere eccellenti, ma anche gli olii di noce non scherzano». Fabian Fuchs, chef all’«Equitable» di Zurigo e abituato a lavorare con prodotti della terra autoctoni, è dell’idea che nei prossimi anni le varietà del mais, e nello specifico la farina di mais autoctona per tortilla, sarà al centro dell’attenzione: «La cucina messicana sta riscuotendo parecchio successo in questo periodo».

In giro c’è una buona apertura nei confronti delle innovazioni plant-based. Jann Hoffmann ci spiega per esempio che ai cuochi della sua brigata piace molto lavorare alla preparazione di piatti vegetariani. «Fino a pochi anni fa molti la consideravano una punizione», prosegue lo chef. E i clienti? «Sono contenti di scoprire nuovi piatti», replica Hoffmann. C’è da aspettarsi che nei prossimi anni la curiosità dei clienti, e anche quella dei cuochi amatoriali, resterà alta. E il merito è anche del lavoro che stanno facendo in Svizzera molti giovani contadini coraggiosi e a quello che, prima di loro, hanno fatto giovani chef anticonformisti.

Un consiglio?

Vorresti stupire i tuoi ospiti con ingredienti freschi e rigorosamente vegetariani? Ecco qualche dritta sui cibi vegetariani più in voga:

Grano saraceno

Il grano saraceno detiene un posto d’onore nella cucina giapponese: la soba, una sottile pasta simile ai taglioli interamente preparata con farina di grano saraceno, è quasi una leggenda. Dato che il grano saraceno non contiene glutine, la sua preparazione richiede notevole maestria. Anche la Svizzera ha un grande classico a base di grano saraceno: i pizzoccheri della Valposchiavo o, nella versione un po’ più spessa, i «pizokel». Nonostante per decenni sia stato quasi del tutto dimenticato, il grano saraceno è un prodotto noto da tempo in Svizzera. Tutti gli chef che abbiamo incontrato parlano con entusiasmo di questo pseudocereale appartenente alla famiglia delle Poligonacee e non imparentato con il frumento. Simon Sommer si sbottona e lo definisce persino «incredibile!».

Uno dei suoi piatti preferiti è l’insalata di melanzane e grano saraceno marinato nel succo di limone. «Col prezzemolo è una vera delizia!», esclama Sommer, che non disdegna neanche gli spätzli con una parte di farina di grano saraceno nell’impasto. O ancora le chips ottenute mescolando farina di grano saraceno e acqua. «L’impasto va spianato sottile su un foglio di carta da forno e le chips poi passate in forno: una bontà!», rassicura Sommer. Anche Jann Hoffmann non nasconde l’entusiasmo. Ha cucinato il grano saraceno stile risotto insaporendolo a fine cottura con una punta di grano saraceno tostato. Per prepararlo ha utilizzato grano saraceno bollito che ha poi arrostito a fuoco lento in padella con del burro per renderlo croccante. Lo si può anche tostare direttamente in padella senza lessarlo prima. Un piatto che non manca mai nel menù del «Café Boy» è una specie di polpettone di grano saraceno: «Per prima cosa lessiamo il grano saraceno, mescoliamo la metà con uova, erbe aromatiche e spezie, aggiungiamo il grano saraceno restante, mettiamo in uno stampo e passiamo in forno».

Quinoa

Qualche anno fa intorno alla quinoa è nata una vera e propria moda. Anche i contadini svizzeri hanno da poco iniziato a coltivare questa graminacea originaria del Sudamerica. Come il grano saraceno anche la quinoa è un falso cereale privo di glutine. Fabian Fuchs la utilizza molto nelle insalate tiepide: «Grazie alla nota un po’ più croccante, è un’ottima alternativa al couscous». «L’unica cosa alla quale bisogna fare attenzione è non scuocerla», avverte Jann Hoffmann. In uno dei suoi piatti preferiti la quinoa viene bollita, leggermente arrostita, insaporita con un goccio di olio alla vaniglia e cosparsa con fettine di cavolfiore leggermente arrostite. Il tutto guarnito con un trito di prezzemolo marinato.

A Fabian Fuchs la quinoa piace anche soffiata: i grani bolliti vengono essiccati e poi fritti. «L’importante è che dopo l’essicazione resti un po’ di umidità in modo che i chicchi possano scoppiare». Fabian Fuchs li utilizza per dare alle insalate di quinoa la componente croccante.

Tuberina

Originaria della Cina e conosciuta come «crosne» o «choro-gi», la tuberina è commercializzata con diversi nomi. Uno di questi è «carciofo cinese», proprio per la provenienza e il sapore che ricordano il tradizionale ortaggio. La tuberina è una pianta resistente all’inverno il cui rizoma simile a un omino Michelin può essere raccolto in qualsiasi stagione dell’anno. A Simon Sommer piace «Grattugiata cruda sull’insalata». O sbollentata e saltata in padella tutta intera. Anche a Fabian Fuchs fa impazzire: «Il bello della tuberina è che la puoi tenere un po’ più al dente delle patate». A proposito: provate anche le foglie! Christoph Hauser, chef di cucina e co-titolare del rinomato «Herz & Niere» di Berlino, le trasforma in un succo nel quale mette a marinare la tuberina precedentemente arrostita in padella.

Patate dolci

Ho scoperto le patate dolci tanti anni fa in America, dove sono un must-have in tavola per il Giorno del Ringraziamento. Da qualche anno anche i contadini svizzeri hanno iniziato a coltivarle. Le patate dolci appartengono alla famiglia delle Convolvulaceae, mentre le patate tradizionali a quella delle Solanacee. A differenza delle patate, le foglie delle patate dolci sono commestibili e utilizzate come ingrediente nella cucina tradizionale africana. Per Jann Hoffmann questo tubero richiede un pendant che ne contrasti la dolcezza, l’ideale è il piccante. Per questo prepara un olio aromatizzato all’aglio e al peperoncino e lo mescola a una purea di patate dolci. «Il puré è il contorno ideale per la pancia di maiale», spiega il cuoco.

Fabian Fuchs taglia le patate a medaglioni, li fa bollire e poi abbrustolire su entrambi i lati. Con i rimasugli della patata prepara un puré. Per anni ho creduto che l’unico modo di mangiare le sweet potatoes fosse bollirle. Ultimamente, invece, mi è capitato assaggiarle anche crude. Per esempio da Matthew Orlando, ex chef di cucina del «Noma» e titolare dell’«Amass», un ristorante gourmet di Copenhagen. Orlando le serviva grattugiate finemente come insalata su un brodetto di mais. Jann Hoffmann riporta poi un altro metodo di preparazione apparentemente poco ortodosso: «Mia moglie le taglia e fette e le cuoce nel tostapane». Per trovare la ricetta basta dare un’occhiata ai vari blog. Chi però preferisce una preparazione più convenzionale può ridurle a cubetti, condirle con olio e sale e gratinarle al forno, aggiungendo a piacere del succo di limone o una punta di chili.

Mia moglie le taglia e fette e le cuoce nel tostapane.

Jann Hoffmann

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Esther – Leaf to Root
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La giornalista food ama sperimentare utilizzando diverse parti di verdura.

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