Esther – Leaf to Root
Foodblogger

Esther – Leaf to Root

La giornalista food ama sperimentare utilizzando diverse parti di verdura.

Esther – Leaf to Root

Ciuffi di carota, foglie di ravanello, buccia di melone: Esther non ce la fa proprio a gettarli via. Nel suo progetto «Leaf to Root» la redattrice vegetariana sposta l’attenzione sulle parti scartate della verdura mostrando come riutilizzarle. L’omonimo libro realizzato in collaborazione con il celebre fotografo Sylvan Müller e il grande chef Pascal Haag viene considerato uno dei libri di cucina vegetariana migliori al mondo.

Quando Esther cucina, la sua infanzia passata in campagna torna a vivere

Ama la verdura da quando, nella fattoria di famiglia, ha piantato per la prima volta dei ravanelli. Una predilezione che dura ancora oggi; preferibilmente utilizzando tutto dalla radice alle foglie. La giornalista e critica gastronomica è una vera pioniera del web: la sua piattaforma culinaria waskochen.ch esiste già dal 2002, molto prima dell’era dei food blog.

Come nascono le tue creazioni?

Crescono nell’orto insieme alla verdura: raccolgo un ortaggio qua, due foglie là, qualche ciuffo di erbe aromatiche e inizio a cucinare.

Dove trovi l’ispirazione?

Lavorando al mio progetto «Leaf to Root – Gemüse essen vom Blatt bis zur Wurzel» (la verdura dalla radice alle foglie), sperimentando molto e cercando ispirazione in ogni dove. Parlo con chef stellati e sbircio nelle loro pentole, incontro i contadini direttamente nel campo, spulcio libri storici di cucina alla ricerca di antiche ricette a base di verdura e mi immergo in saggi moderni di settore: in questo modo approfondisco le mie conoscenze integrandole con esperienze pregresse.

Qual è il tuo ricordo culinario più bello o più divertente?

Tu sai come si mangiano le radici di cavolo riccio? Io ho provato a farlo con forchetta e coltello fallendo miseramente perché le radici all’interno hanno una venatura legnosa. Poi il grande cuoco austriaco Johann Reisinger mi ha insegnato come cuocerle e mangiarle. In pratica si rosicchiano come se fossero una coscia di pollo.

Come è nata la tua passione per la cucina?

Il fatto di essere cresciuta in un fattoria ha creato in me un forte legame con i prodotti della terra. Quando avevo 20 anni mi sono trasferita in città e la cucina era l’unico aspetto che mi teneva legata alla campagna.

C’è un profumo che in te risveglia subito bei ricordi?

I fiori di sambuco con cui preparo lo sciroppo primavera dopo primavera.

Qual è il piatto che ami cucinare di più?

Per il mio progetto «Leaf to Root» sperimento sempre parti di verdura nuove, per questo la cosa che al momento mi riempie maggiormente di gioia è assaggiare una foglia, una radice un fiore che non ho mai provato prima. Di recente ho provato la gemma della barba di becco violetta, ha un gusto fantastico.

E nella vita di tutti i giorni cucino spesso lenticchie stufate con spezie secondo una ricetta di Andreas Caminada, che reinvento ogni volta da zero.

Qual è per te il pasto più importante della giornata?

Le cene con amici o in famiglia, perché è in queste occasioni che il cibo supera la sua funzione puramente nutritiva diventando un mezzo che unisce le persone.

Qual è il tuo «happy soul food»?

Passare una giornata intera in cucina con mio marito a preparare i ravioli; anche se la stanza dopo sembra un campo di battaglia, il risultato è sempre stupefacente. Soprattutto perché abbiamo imparato a farli da una mamma durante un soggiorno in Italia e da allora quando li prepariamo ci sembra di tornare in vacanza.

Per chi ami cucinare?

Per mio figlio, è molto interessante vedere come cambiano i sui gusti. A volte è frustrante quando, appena seduto a tavola, dice:  «Questo non mi piace.» La maggior parte delle volte però è aperto alla sperimentazione.

Per me sarebbe un onore poter cucinare per i due maestri della verdura di Norimberga Andree Köthe e Yves Ollech e sorprenderli con una parte di ortaggio che non hanno mai assaggiato prima. Ho avuto il piacere di osservarli per un girono intero in occasione di una ricerca per il mio progetto «Leaf to Root» e sono rimasta davvero colpita.

Hai un «ingrediente segreto» che dà ai tuoi piatti un tocco in più?

Non è poi così segreto dato che lo si trova nella cucina di tanti cuochi. Parlo della salsa di soia. Grazie al processo di fermentazione, la soia dona ai piatti una nota di sapore in più. Da provare assolutamente al posto del sale nella salsa per gli spaghetti.

Quale tipo di piatto non serviresti mai?

Tutto ciò che viene da una busta di plastica e ha bisogno solo di essere sciolto o infornato. Anche quando ho fretta cucino io, fosse anche solo una pasta con qualche erbetta aromatica dell’orto.

Cucino molto volentieri con altre persone curiose come me. Assaggiare insieme cose nuove: è un’attività a cui dovremmo dedicarci molto più spesso.

Esther

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