Beni Landolt
CONSIGLIATO DA GAULTMILLAU

Beni Landolt

Beni Landolt appaga il desiderio di viaggiare al «Kin»

Piatti asiatici autentici, ma realizzati con prodotti svizzeri. Questo è il concept che Beni Landolt attua con successo al «Kin» di Zurigo, dopo aver imparato il mestiere un po' in tutto il mondo, dal Brasile alla Nuova Zelanda.

Il locale ha un aspetto poco appariscente. Proprio davanti al «Kin» passa la trafficata Seebahnstrasse e i container cittadini per il vetro completano il quadro urbano piuttosto spartano. Si può dire che i dintorni non rendano giustizia al ristorante, dato che Beni Landolt ha recentemente ottenuto ben 14 punti GaultMillau con la sua cucina. Il menu propone piatti asiatici, realizzati soprattutto con prodotti regionali. Landolt descrive il suo stile come una cucina fusion asiatica in chiave moderna. «Non sono piatti europei con aromi asiatici. Faccio esattamente il contrario. Propongo piatti originali che realizzo con prodotti locali». Il salmone al miso è nel menu fin dall'inizio. Il pesce, cotto alla perfezione, proviene da Lostallo, nel Canton Grigioni. Invece il tatsoi, un parente del pak choi, da Slow Grow.

A Landolt l'atmosfera della cucina è sempre piaciuta

Per Beni Landolt l'amore per la cucina non è innato. Lo chef turgoviese infatti non proviene da una famiglia di ristoratori e ha intrapreso il suo apprendistato più per motivi razionali che emotivi. Ad averlo sempre motivato è stata l'opportunità di cucinare ovunque nel mondo. Ed è quello che ha fatto. Ha lavorato in Francia, Nuova Zelanda e Singapore. È stato impegnativo in ogni posto, ma a Landolt l'atmosfera della cucina è sempre piaciuta. In Francia ha imparato a dimezzare gli astici vivi, a preparare le cosce di rana e ad aprire le ostriche. «Dopo una settimana, le mie mani erano tutte ferite».

Al «Kin», anziché le ostriche, vengono servite animelle di vitello fritte con crema di gochujang, zucca marinata e coriandolo. Beni Landolt tratta tutti i prodotti con il massimo rispetto. «Dietro a una carota c'è sempre qualcuno che l'ha seminata, curata, raccolta e lavata. Se la rovino, tutto il lavoro preliminare non è servito a nulla». Questo punto di vista, Landolt ha dovuto prima impararlo, e lo ha fatto con la dura esperienza. A Singapore ha cucinato al ristorante Joel Robuchon con Tomonori Danzaki. «È lì che ho imparato di più. Era come far parte dell'esercito. Formandoti come cuoco, impari un modo per tritare il prezzemolo, per esempio. E poi impari il metodo Robuchon», che non prevede di tritare, ma di sovrapporre le foglioline di prezzemolo liscio con cura e quindi di tagliarle finemente, prima sulla lunghezza e poi sulla larghezza. «Per questo avevo sempre un metro in tasca, perché tutto veniva misurato con estrema precisione».

In realtà volevo fare qualcosa più in grande. Ma ho sostenuto il team nell'allestimento della cucina e ho aiutato con l'apertura

Beni Landolt

La nostalgia per i Paesi lontani non l'ha abbandonato

Nel frattempo, Landolt ha cucinato anche in Svizzera, allo Schloss Schadau di Thun, all'Hotel Belvoir di Rüschlikon e al «Sonnenberg» per Jacky Donatz. Ma la nostalgia per i Paesi lontani non l'ha abbandonato. Arrivato in Brasile, ha iniziato cucinando al «D.O.M» di San Paolo, per poi imparare le basi della preparazione del pesce crudo dal maestro di sushi Tadashi Shiraishi.

Tornato in Svizzera, gli si è presentata l'opportunità di cucinare al «Kin». I fratelli Rico Jauch e Nina Ehrler hanno rilevato il ristorante a Lochergut. «In realtà volevo fare qualcosa più in grande. Ma ho sostenuto il team nell'allestimento della cucina e ho aiutato con l'apertura». Tutto questo accadeva circa sei anni fa, e Landolt non se n'è più andato. «Sono rimasto perché è divertente». La pista asiatica gli si addice. Nel seguirla, però, si attiene sempre a una regola fondamentale: «Non mescolo sapori e piatti di Paesi diversi. Per esempio non servo la salsa XO di Hong Kong con la tempura giapponese. Per me non ha affatto senso». Al «Kin» le striscioline di pastinaca fritte in pastella sono quindi servite con una maionese vegana al miso.

Beni Landolt è rimasto a Zurigo e con lui anche la voglia di viaggiare e scoprire culture e piatti nuovi. «Ora ho una figlia e viaggiare non è più facile come una volta». Ma la sua voglia di viaggiare, e quella dei clienti, Beni Landolt la soddisfa al «Kin». La Yuzu mushroom salad si compone di cicoria rossa e gialla, funghi marinati come geloni e cardoncelli, una crema vegana alle erbe aromatiche e un dressing allo yuzu. Lo chef, timido ma spensierato, afferma con convinzione: «Ho trovato il mio stile distintivo».

Testo: Kathia Baltisberger, Foto: Olivia Pulver, Data: 10.01.2023

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