Roger von Büren
CONSIGLIATO DA GAULT MILLAU

Roger von Büren

Al carcere ha preferito la cucina

Da vero enfant terrible, Roger von Büren da ragazzo era finito sulla cattiva strada. L'apprendistato da cuoco l'ha salvato dal carcere e oggi è lo chef del «Roter Bären» a Basilea.

Solitamente il quartiere a luci rosse di Basilea si visita per un unico motivo. Da quattro anni invece le persone ci vanno anche per gustare gli squisiti piatti che prepara Roger von Büren nel «Roter Bären», il suo regno all'angolo tra due vicoli: la Ochsengasse e la Sägergässlein. «Un tempo il locale era un bar d'incontri» racconta lo chef. Al piano superiore c'erano le camere delle ragazze. Oggi invece il «Roter Bären» è una meta di tendenza nel panorama culinario di Basilea.

Roger non propone il classico menu con antipasto, portata principale e dessert: da lui i clienti possono scegliere tra diversi piatti vegetariani, di carne e di pesce, tutti della stessa misura. Lo chef consiglia di ordinarne almeno tre. «Quando ho preso in gestione il locale volevo che fosse diverso dagli altri».

L'idea dei piattini è delle sue socie Madeleine e Cécile Grieder, Roger si occupa di dar loro forma. Anche se all'inizio è stato criticato, il suo stile ha colto nel segno. «Una volta un cliente ha definito le mie creazioni dei costosissimi piatti per bambini» dice Roger. Alza le spalle e ride. «L'idea mi permette di giocare usando di più la mia creatività». A Gault Millau l'idea non dispiace per niente: infatti questa volta lo chef 35enne ha ottenuto 14 punti dalla prestigiosa guida, uno in più rispetto all'anno scorso.

Roger tira abilmente la sfoglia con la macchina per la pasta e la taglia con uno stampino tondo. Dispone il ripieno al petto di fagiano sui dischi di sfoglia con un sac à poche. Dopodiché rompe un uovo, sistema il tuorlo al centro e chiude il raviolo con grande precisione. È un lavoro che richiede il tocco di una mano esperta: il rosso dell'uovo non si deve rompere fino a che il cliente non taglia il raviolo. Il piatto è servito con purè di sedano, spinaci e tartufo nero. Ogni due o tre settimane von Büren cambia uno dei suoi piatti: questo succede quando si rende conto che non suscita più interesse o gli ingredienti non sono più di stagione.

Se 20 anni fa qualcuno avesse detto a Roger che un giorno avrebbe gestito un ristorante, lo chef avrebbe riso di gusto. Lavorare? Quando era un ragazzo non ci pensava proprio. Fare un apprendistato? Troppo difficile! Infatti Roger preferiva vagabondare e combinarne di tutti i colori. «Rubavamo motorini e una volta anche un'auto» racconta. «Eravamo completamente disconnessi dalla realtà, vivevamo in un film». Raggiunge il culmine della sua carriera con il contrabbando di cocaina dalla Repubblica Domenicana in Svizzera, a Zurigo. A 20 anni, lo beccano e lo mettono dentro. Ma gli viene concessa un'ultima possibilità: «Ho potuto scegliere tra il carcere e un apprendistato nel centro per l'esecuzione delle misure di Arxhof».

«Ma ho capito che tanto era la stessa zuppa».

Roger sceglie Arxhof. «Pensavo fosse la strada più facile». Si sbagliava. Così invece che in carcere, finisce in cucina. Lì c'è sempre da fare, ma nonostante tutto Roger si rende conto che: «lavorare in fondo non è poi così male». Il suo lavoro lo fa bene oltreché volentieri, però nella mensa non può provare il vero piacere della cucina di alto livello. Il fuoco della passione si accende solo dopo aver iniziato a lavorare nel ristorante «Gundeldingerhof». «È stato come rinascere, ma questa volta sapevo esattamente cosa volevo fare».

È stato come rinascere, ma questa volta sapevo esattamente cosa volevo fare.

Roger von Büren

Per quattro mesi lavora a Londra nei ristoranti «The Ledbury» e «Murano». «Lavoravo e dormivo e basta» racconta Roger ricordando quei tempi duri. «Ho imparato tante nuove tecniche. Ma anche lì ho capito che era tutto un po' la stessa zuppa».

Alla fine ce l'ho fatta

Roger impana tranquillo i molluschi e li cuoce nell'olio bollente. Li dispone sul rombo e di fianco sistema una patata e un porro stufati. È difficile credere che questo giovane chef piuttosto timido un tempo sia stato un enfant terrible.

«Sono felice di avercela fatta alla fine» dice von Büren. «Ma senza tutti i miei casini oggi non sarei arrivato fin qui». E sarebbe un vero peccato.

Testo: Kathia Baltisberger, Foto di: Olivia Pulver

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